Riflessi d’Interno
9 Aprile 2014 - 13 Aprile 2014
Palazzo Isimbardi, "Salone del Mobile"
Corso Monforte, 35, Milano
A cura di Francesca Alfano Miglietti
“Il progressivo sviluppo dell'uomo dipende dalle invenzioni. Esse sono il risultato più importante delle facoltà creative del cervello umano. Lo scopo ultimo di queste facoltà è il dominio completo della mente sul mondo materiale, il conseguimento della possibilità di incanalare le forze della natura così da soddisfare le esigenze umane”
L'ottone è una lega di rame e zinco che può avere caratteristiche simili, ma diverse in base alla percentuale presente dei due metalli. Usato fin dai tempi remoti, trova utilizzo in varie applicazioni, sia in tutto ciò che riguarda la meccanica che negli impianti idraulici ed elettrici, sia per gli strumenti musicali che per innumerevoli oggetti di uso comune ed anche, infine, nella produzione di monili e ornamenti per il corpo, grazie anche al suo colore dorato e la sua particolare resistenza all'ossidazione. La percezione sensoriale nelle opere e negli allestimenti di Stefano Russo è coinvolgimento totale. Il linguaggio che l’artista adotta esprime le peculiarità delle materie scelte per la realizzazione dei suoi oggetti, in relazione alla sfera mentale, e ad una ricerca energetica di sensazioni emozionali. Stefano raccoglie dati e sensazioni nell’esperienza del mondo e le trasforma in linguaggi, in opere, in concetti e in emozioni. E per questo progetto sceglie l’ottone.
Stefano Russo conduce da anni la sua ricerca sull'essere umano, sulla sua storia, sulle sue invenzioni, ma soprattutto sui processi percettivi che lo contraddistinguono. Stefano sa che in natura c’è più di quanto l’occhio possa vedere. E indagando si può scoprirlo. E crea degli strumenti per potenziare i sensi...
Questo progetto si fonda su alcune fondamentali relazioni del corpo, attraverso un'indagine che esplora molteplici scenari: dalla comunicazione sinaptiche tra neurone e neurone del cervello, alla percezione sensoriale e alla relazione con l'ambiente. RIFLESSI D'INTERNO si colloca nell'interstizio tra riflesso e riflessione, relazione tra organo ed organo, tra interno ed esterno, tra meccanicità ed istinto, tra pieno e vuoto, tra visibile ed invisibile.
Forme estetiche provocatorie, paradossali, certamente affascinanti che nascono dall’incontro del corpo umano con le tecnologie. Molte sono ormai le occasioni della vita di tutti i giorni in cui possiamo soffermarci a riflettere su come e quanto la tecnologia stia modificando il nostro corpo, trasformando molte delle azioni che più comunemente eseguiamo. Dal telecomando, al telefono cellulare, ai computer portatili, gli oggetti che usiamo quotidianamente assomigliano sempre più a delle estensioni, dei prolungamenti che portiamo sempre con noi, del corpo biologico, quello fatto di carne ed ossa.
La possibilità di interagire con il mondo nel quale viviamo ci è fornita dagli organi di senso. Il ruolo di queste strutture è quello di trasformare gli stimoli esterni e interni in impulsi nervosi, che poi vengono trasmessi al sistema centrale. I cinque sensi, la vista, l’udito, il gusto, il tatto, l’olfatto, sono tutti coinvolti in questo tipo di interazione. RIFLESSI D'INTERNO di Stefano Russo ha un significato profondo, la possibilità di restituire la connessione indissolubile esistente tra ricerca scientifica e corpo umano: è indubbio, infatti, che da sempre le scoperte e le innovazioni portate avanti dagli uomini di scienza siano state ispirate dal funzionamento dell'organismo.
È propriamente questo, dunque: il ‘riflessi d'interno’, il ritrovare negli oggetti quel funzionamento interno all’essere umano, la capacità di cogliere nelle cose, ancora oggi, gli elementi e i meccanismi che corrispondono al lavoro percettivo del nostro corpo; vedere, insomma, il riflesso della nostra interiorità in ciò che ci circonda. Stefano Russo è affascinato dagli strumenti scientifici di fine ottocento, con i quali inventori e scienziati sperimentarono i principi elementari della fisica "Luce, Gravità, Moto, Elettricità". Il funzionamento degli organi di senso si basa sul fatto che uno stimolo viene captato da particolari recettori, i quali generano segnali elettrici che vengono poi trasmessi al cervello. L’interazione fra lo stimolo e il recettore, che dà luogo al successivo impulso elettrico, è chiamata conversione bioelettrica, ed è caratterizzata da un’alta specificità; ogni recettore, infatti, risponde a un ben preciso stimolo, che può essere di natura chimica oppure di natura fisica. La fase finale è quella di integrazione, in cui lo stimolo viene identificato e archiviato nella memoria cerebrale mediante diverse operazioni, molte delle quali ancora sconosciute, data la loro complessità di esecuzione. Grazie a questi tre passaggi, le informazioni giunte nel cervello, con il bagaglio culturale relativo ai numerosi processi di apprendimento e identificazione, forniscono un messaggio globale che attiene specificamente la percezione.
Per Stefano Russo l’arte è uno degli strumenti più potenti per dialogare con l’Invisibile: i ricordi, i sogni, il mistero, la magia, le intuizioni, l’energia… tutto ciò che è al di là della percezione sensoriale pura e semplice, e, attraverso i percettori sensoriali, sono visibili, attraverso le opere, altri tipi di realtà. Gli oggetti realizzati da Stefano Russo per RIFLESSI D'INTERNO sembrano rivitalizzare la sensorialità sopita, ogni oggetto diventa una metafora, un simbolo di riflessione su se stessi e sul mondo. Ogni oggetto sembra essere in relazione al cosmo e direttamente ai recettori presenti nei sistemi sensoriali, e il tutto sembra convergere verso reali sensazioni in grado di suscitare particolari sensazioni: equilibrio, gravità, concentrazione.
Presse, leve, lenti di grandi dimensioni, sfere e punte e pile di libri… Anche le parole, come le immagini allo specchio, ingannano e seducono. Come Narciso, siamo condannati a pensarci attraverso strumenti deformanti, che ci restituiscono un’immagine di noi stessi nella quale non possiamo mai riconoscerci appieno.′′Ma in questo comune destino non si avverte nessun senso di tragedia o di perdita irrimediabile. Negli oggetti di Stefano Russo, le parole, come le immagini dello specchio, non esistono solo in quanto riflesso, ma sono una moltiplicazione inesauribile della realtà. Nelle opere di Stefano la realtà non è mai qualcosa di dato: una cristallizzazione di eventi che si possono cogliere una volta per tutte in una funeraria e ideologica identità.′′ Nell’opera di Stefano, la realtà (la vita) si fa, si moltiplica attraverso le parole e le lenti. Si apre all’infinito, come aprono all’infinito due specchi collocati l’uno di fronte all’altro.′′E, forse, anche il tempo in Stefano è un prodotto delle parole e degli specchi, e cioè è qualcosa che non trascorre, qualcosa di non separabile, qualcosa che è sempre disponibile e percorribile a piacere, in avanti e indietro, in un eterno modificare e modificarsi.′′Nell’immaginario collettivo Narciso è il giovane che si innamorò di se stesso. Ma, in realtà, Narciso non si innamora di se stesso, bensì di un’immagine, riflessa in uno specchio d’acqua, nella quale non riconosce se stesso. Così come nessuno di noi riconosce la propria voce le prime volte che la ascolta registrata. La visione è, come noto, una delle più ossessive costanti tematiche della letteratura, della mitologia, dell’arte. Così come le ombre, quelle “ombre” che si rendono disponibili alla vista oltre o attraverso le lenti. Le lenti sono deformanti per definizione: restituisce un’immagine inversa a quella del reale. Ma anche per questo la lente è un seducente tentatore: seduce perché soddisfa il nostro innato bisogno di conoscere. Ci consente di gettare lo sguardo sul mondo, e soprattutto ci consente di affacciarci su un mondo diverso: il mondo degli opposti. Per Stefano Russo il mondo capovolto apre anche alle possibilità non realizzate, agli universi paralleli della moderna cosmologia, alla verità della filosofia, alla realtà della semantica (o almeno dei segni).′′Anche i segni e le parole difatti sono riflessi di qualcosa d’altro con il quale pure non coincidono. L'accadere, dunque, è quello che muove la ricerca di Stefano Russo: la successione degli istanti, la rivelazione, il divenire, la ciclicità.
Tutto, nei suoi oggetti, diventa l'insorgere del rapporto di spessore tra metafora e immaginazione. E si apre il varco che conduce a quei giochi col tempo e con l'infinito, lo scomporre e filtrare, attraverso una griglia cifrata, il complesso mistero dell'esistenza. Stefano sembra interessato a definire le “forme” del tempo, le sue rivelazioni, gli archetipi. Tutto nel temporale è metafora del fluire, della sua funzione ciclica e catartica, della sua spazialità in movimento. Lontano dall'essere "misura", il tempo rappresenta l'equidistanza possibile da tutte le cose e gli eventi: se di una qualche realtà temporale è possibile parlare, lo si può solo nel presente, che continuamente incarna tutto il tempo, in perenne ciclicità. E il tempo si presenta come accumulo energetico di eventi, ai quali è permesso vivere simultaneamente, accomunati dall'essenza del loro accadere. E’ il rifiuto della tradizionale partizione tra passato presente e futuro, ed il tempo, piuttosto che contenere gli eventi, è da loro condizionato. Si presenta, negli oggetti di Stefano, come vero e proprio infinito potenziale, come accumulo di possibilità simultanee. E Stefano sembra voler coniugare, oggetto per oggetto, poesia e scienza, le due facce della stessa sete di conoscenza e di bellezza. “Non è ciò che non sai a crearti dei problemi, ma ciò che sai per certo”, diceva Mark Twain, e questo vale nella vita come nella scienza. La liaison tra poesia e scienza per Stefano Russo è diventata poetica.
Francesca Alfano Miglietti